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Salario Minimo e superficialità

di Franco Ravazzolo
Un quotato quotidiano nazionale ed una nota emittente televisiva, per il tramite di una quotata giornalista, ha recentemente pubblicato un interessante articolo: “Salario minimo: in tre milioni sono sotto. Chi non lo vuole e perché.
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La prima notizia data è che “su 27 paesi UE, 22 applicano il salario minimo, parametrato al costo della vita e all'andamento del mercato del lavoro”. Informazione che, in questi termini, qualsiasi pappagallo avrebbe potuto darci.

In realtà, l'argomento è così complesso che sarebbe opportuno trattarlo suddividendolo nei vari aspetti ad esso correlati, anche seguendo la falsariga dell'articolo in questione:

  1. Qual è il valore di codesti “Salari minimi”?

  2. Analisi del rapporto tra “Salari minimi” e gli indici del costo della vita calcolati su un medesimo paniere unificato europeo e non, come ora, riferito a condizioni di vita fortemente differenziate da Paese a Paese.

  3. La necessaria valutazione comparata anche degli oneri accessori alle retribuzioni ogniqualvolta essi siano posti a carico delle imprese.

  4. Analoga valutazione comparata andrebbe fatta anche dei diversi costi di produzione extra salario nei vari Paesi, prendendo in esame il valore dei servizi ivi resi alla collettività: l’indicatore dei tempi di percorrenza per recarsi al lavoro, il grado di efficienza dei trasporti, la qualità ed i costi dell’assistenza sanitaria, le protezioni assicurative e previdenziali, la formazione obbligatoria, le prestazioni di malattia e disoccupazione, il grado di efficienza della Pubblica amministrazione (in particolare della Giustizia) e le condizioni di sicurezza per il cittadino. Questo perché, a parità di reddito, tali condizioni influiscono sulla qualità della vita e sulla quantità di beni e servizi disponibili per il cittadino.

  5. Sarebbe necessaria anche la comparazione dei regimi di tutela della stabilità del lavoro esistenti dei vari Paesi, perché è evidente che un lavoro meno stabile dovrà essere maggiormente retribuito (si pensi al lavoro stagionale). Nonostante continue proteste di quanti vorrebbero per tutti i lavoratori condizioni di stabilità estesa, pochi rilevano che in Italia il lavoro a tempo indeterminato ha regimi legali di stabilità superiori al matrimonio. Ebbene, anche i regimi di stabilità sono un onere aggiuntivo per le Imprese ed un beneficio per i lavoratori che dovrebbe essere perciò valutato.

Nell’articolo è anche citato il parere della Fondazione dei Consulenti del lavoro che si limita a constatare l’esistenza di retribuzioni minime al di sotto di euro 9/ora in ben 22 contratti di categoria pur firmati da Cgil, Cisl e Uil, concludendo che tutto questo avviene per diverse ragioni intrecciate tra loro, a partire dal fatto che i sindacati virgola in molti settori si sono indeboliti. Nella realtà, invece, non sono tanto indebolite alcune federazioni sindacali, quanto i settori nei quali esse operano; questo perché già con le retribuzioni basse o contenute di cui sopra, che ricordo essere riferite al “parametro 100”, cioè al più basso livello d’inquadramento contrattuale, si continuano a perdere posti di lavoro ed anche aziende quando vi è prevalenza relativa del fattore lavoro.

Nella condizione inversa, sono decisivi una miriade di fattori estranei ai predetti lordi minimi, frazione dei costi della retribuzione, che è frazione dei costi del personale che, a loro volta, sono frazione dei costi aziendali, il cui valore non è assoluto, ma relativo, dovendo essere rapportato alla capacità d’innovazione, alla produttività ed al conseguente fatturato di trasformazione, nonché alle condizioni ed ai prezzi internazionali, con conseguente scarsa rilevanza dei soli “minimi contrattuali” rispetto ai risultati aziendali.

Nel presente commento, non sviluppo le complesse risposte alle richiamate difficoltà, essendo mirato non a dare “soluzioni” (ci vorrebbe un libro), ma solo ad evidenziare l’ordinaria superficialità con la quale si affronta l’argomento con un un effetto fuorviante sulle conclusioni del Lettore.

Nel prossimo intervento di confutazione, tratterò dell’asserita “perdita di potere d'acquisto dei salari determinati dai contratti (% 2022 rispetto al 2021)”, che nell’articolo, essendo priva di riflessioni tecniche è, perciò, anch’essa fuorviante.

Nell’ultimo mio intervento di confutazione e di riflessione sull’articolo, tratterò dei famigerati “Contratti pirata”. È il caso di anticipare che ne sono stato convinto coautore e che per me sono veri “Pirati” quelli che li giudicano senza averli nemmeno letti.

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